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sta, dove era andata a portare le gambe! Ecco perché
non faceva mai una visitina a Santa Maria .
Una volta soltanto vi fu scambio vivace di lettere: tre
anni dopo il matrimonio per la nascita di un bambino.
Augusta annunziò prima la gravidanza alle sorelle, quin-
di la nascita del piccino non appena sgravata. E quella
volta le sorelle risposero effondendosi con affetto e in-
viando a suo tempo, per il nascituro, un pacco d indu-
menti graziosissimi: cuffiette e vestitini scelti o eseguiti
da loro stesse e di una raffinatezza signorile. Esaurito ciò
le consuetudini epistolari avevano ripreso il ritmo vuoto
e solenne, tanto che Augusta, partita da casa quando le
sorelle erano all inizio della loro faticosa e fortunata
ascesa, non sapeva neppure a quale grado di fortuna fos-
sero giunte, come avessero potuto riconquistare, e al
completo, l antico patrimonio della famiglia giacché di-
cevano sempre, che non sta bene parlare d interessi den-
tro le lettere; e in fondo giudicavano misura di prudenza
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il non sbandierare troppo ai parenti poveri la prosperità
e le ricchezze. Augusta, da parte sua, si sarebbe guarda-
ta bene dall avanzare domande che potessero giungere
indiscrete; si era mantenuta tanto mite e riservata e, in-
sieme, indipendente verso di esse, che soltanto pochi
mesi prima del matrimonio annunziò il proprio fidanza-
mento alle sorelle e l imminente decisione, tanto che
quelle ebbero appena il tempo di cucirle una camicia
per il giorno delle nozze. E anche il matrimonio fu umi-
le ed incolore, e le lasciò indifferenti come un fatto qua-
lunque; senza rilievo, senza le naturali gelosie che dove-
va suscitare alcuni anni dopo quello di Giselda.
Ma questa sorella che aveva voluto prendere cosí po-
co posto nella loro esistenza, venne a prenderne molto
allorquando, per quelle fatalità grandiose che pendono
all insaputa sopra le nostre teste, ella rimaneva vedova e
indigente, e dopo un anno appena di vedovanza, còlta
da un morbo violento, in pochi giorni moriva anch essa.
Ricevuta la notizia del suo stato grave, Teresa e Caro-
lina che già da lontano avevano dimostrato il loro inte-
ressamento e la loro generosità in quel frangente, men-
tre escogitavano il modo di poterla meglio soccorrere
ripetendole l invito di venire a Firenze dove le avrebbe-
ro dato asilo e soccorso aiutandola a procacciarsi una
nuova sistemazione, la poveretta s era di nuovo impiega-
ta presso una calzoleria giacché il lavoro in casa non le
avrebbe dato tanto da vivere, decisa la partenza giunse-
ro appena in tempo per vederla morire.
All apparire delle sorelle che non vedeva da diciotto
anni, il volto della morente s illuminò, pareva volesse di-
re una parola per la quale non le bastava l animo di pro-
nunziarla. Umile e timida nella vita si manteneva tale da-
vanti alla morte; ma riboccandole il cuore di questo
tormento, quando sentí prossima a vacillare la ragione,
con la vista annebbiata dalle lacrime e un singhiozzo che
le serrava la gola, afferrata la mano delle sorelle disse
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due volte un nome: «Remo! Remo!». E glie le strinse co-
me si stringe una mano cara per l ultimo addio.
Lasciava un figlio di quattordici anni che, o sarebbe
stato inviato a Roma presso la famiglia del marito nume-
rosa e in disordine, e con la quale avevano diradate le re-
lazioni, o ricoverato in un ospizio di orfani. Sentiva di
lasciarlo male e moriva infelice.
Al  sí rassicurante che l una dopo l altra risposero
quelle comprese di profonda pietà, la povera moribonda
con la fronte rasserenata chinò la testa come per dormire.
Annichilite dalla grandezza della morte, dopo essere
pervenute con la sorella a una comunione che durante la
vita mai avevano potuto raggiungere, le donne ripetero-
no a se stesse, piú forte, quel  sí pronunziato tanto
spontaneamente. Non è facile dimenticare le parole dei
moribondi né le nostre promesse fatte in quell ora.
Incominciarono a guardarsi disorientate nella casa
fredda e vuota, poverissima, quasi sprovvista di masseri-
zie: squallida. E a guardare e riguardare Remo che, ritto
in mezzo senza un gesto, né disperato né timido, quasi
fosse privato della volontà che ci fa agire, le guardava
con due occhi neri e grandi, di un ovale soffuso di luce
senza aggressivo ardore, lenti nel movimento, e che in-
dugiavano sull oggetto né curiosi né attoniti, in atto di
attesa, di sospensione, con una limpidezza e serenità
perturbatrice che non avrebbe avuto uno sguardo mobi-
le e ardente.
Pareva che il ragazzo, per la voce del proprio istinto,
sentisse prematuramente quale influenza esercitano gli
occhi sulle persone stabilendo una signoria senza il mi-
nimo sforzo, anzi, con una semplicità molto naturale, di
modo che si rendeva facile a lui, per questo malessere e
questa attrattiva, di leggere il sentimento di esse e sco-
prirne i propositi mantenendo celati i propri perfetta-
mente. Questi bellissimi occhi erano incorniciati da ci-
glia lunghe e forti, che una volta unite vi formavano
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come suggello una minuscola siepe; e coronati da so-
pracciglia di seta, lucenti e spesse, nerissime, di linea al-
ta e nobile, elegante, che ne mettevano in rilievo la bel-
lezza e la profondità.
Compiuta l opera pietosa verso la sorella, Teresa e
Carolina ripartirono alla volta di Firenze.
Dal momento che al letto di quella poveretta avevano
pronunziato il generoso  sí , dopo del quale parve
ch ella si abbandonasse fiduciosa nelle braccia del Si-
gnore, le due sorelle si sentirono preda di un turbamen-
to sconosciuto che aumentava a grado a grado osservan-
do il nipote taciturno, non per una ragione che fosse
palese, ma quasi che nella giovane mente fosse tanta sag-
gezza da suggerirgli che per ora, nel caso suo, non c era
che da tacere e aspettare. Ciò aumentava a dismisura la
loro inquietudine.
Avrebbero preferito vederlo piangere e disperarsi per
consolarlo, e prendere esse stesse una posizione decisa,
facile o normale, confacente al loro spirito e carattere;
giacché in certi casi si giudica facile e normale il massimo
della difficoltà e l atteggiamento piú normale. E poter
tranquillizzarsi di quella imprevista serenità e compostez-
za, ne davano a se medesime le piú svariate interpretazio-
ni riempiendola, molto istintivamente, del loro sentire.
Nascondeva essa il pensiero dominante? Poteva darsi.
La attribuivano a naturale timidità, per quanto l aspetto
del giovane non ne accusasse. O era il freno che s impo-
neva virilmente per non abbandonarsi a una incomposta
disperazione davanti a persone che non aveva mai viste?
Cosa ammissibile anch essa nel caso suo, e che sarebbe-
ro state felicissime di provocare sopportandone ogni ec-
cesso, tutte le conseguenze pur di sentirsi sopra un ter-
reno familiare.
In certi istanti, mentre cresceva in loro l intimo disa-
gio di un tale stato, pareva che il ragazzo le osservasse
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con curiosità giudicandole piuttosto buffe, e trattenen-
dosi dal ridere per non averne voglia, e non in forza di
un educazione raffinata e civile. Anche quel sospetto di
riso avrebbero voluto provocare, vederlo ridere, sí, ride-
re a crepapelle, senza pudore; avrebbe riso con lui non
sospettando lontanamente di ridere di se medesime,
giacché mai era balenato il dubbio, in quelle teste, che
delle loro riverite persone si potesse ridere. In fondo, di- [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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